A Cecina i diritti negati ai migranti.
Il 18° incontro internazionale contro il razzismo – in corso fino al 7 luglio prossimo – continua ad essere il luogo di confronto e riflessione sui temi dell’integrazione e della cittadinanza. L’idea, nata qui l’anno scorso, di svelare e denunciare le numerosissime omissioni di soccorso in mare da parte di mercantili e navi militari, ha dato vita al progetto Boats4People per sensibilizzare la gente di mare del Mediterraneo
CECINA – Questo diciottesimo capitolo del meeting internazionale antirazzista di Cecina, che si concluderà il prossimo 7 luglio, mostra una sua nuova vitalità. Non solo per la ricchezza dei dibattiti e la parteipazione che si registra, ma soprattutto per l’efficacia delle iniziative nate e sviluppate al suo interno. In questi primi giorni, ad esempio, s’è fatto il punto sulla campagna L’italia sono anch’io, promossa da 19 organizzazioni – dalle Acli, all’Arci, alla Caritas, all’ANCI, l’associazione dei Comuni italiani, solo per citarne alcune – per riformare due leggi : una per il diritto di cittadinanza da estendere ai bambini nati in Italia, da genitori stranieri regolari; l’altra per una nuova norma che permetta il diritto elettorale amministrativo ai lavoratori regolarmente presenti in Italia da cinque anni. La campagna ha impegnato oltre 200 mila persone che hanno accettato i principi contenuti nelle due proposte, regolarmente depositate alla Camera ed ora in attesa di essere « calendarizzate », dopo un confronto fra le forze politiche nella Commissione Affari Costituzionali, dove però i promotori temono si rischino compromessi a ribasso e cedimenti, soprattutto da parte del Pd, rispetto allo spirito orinario sottoscritto dalle centinaia di migliaia di firmatari.
I diritti negati. Confronti e riflessioni sono quest’anno dedicati ai diritti negati di alcuni milioni di giovani, ragazze e ragazzi, figli di genitori di origine straniera, nati o cresciuti in Italia ma che – appunto – per le leggi vigenti non sono ancora italiani. Giovani che si sentono a tutti gli effetti parte di questo Paese e che l’altra sera, davanti al maxi schermo nell’areea del meeting, hanno fatto il tifo per la nazionale di calcio, durante la finale con la Spagna. Un Paese in cui vivono, insomma, da sempre ma che tuttavia, per effetto di una legge che lo stesso presidente delle Repubblica, Giorgio Napoletano, non ha esitato a definire « Un’autentica follia, un’assurdità« .
Il monitoraggio sui mancati soccorsi in mare. Il meetintg di Cecina ha dato vita anche ad un’altra iniziativa sul tema del diritto in mare, legata ad un progetto, Boats4Peope, che ha lo scopo di costruire una rete di gente che va per mare, che vive, naviga il trafficatissimo Mediterraneo e abita lungo le sue sponde. L’idea – nata nel corso del meeting dell’anno scorso – ha preso forma oggi quando ha preso il via il lungo viaggio del veliero Oloferne, salpato da Rosignano alla volta di Palermo, da cui poi ripartirà per Monastir, in Tunisia, per ripercorrere, infine, il tragitto fino a Lampedusa, lo stesso percorso lungo il quale sono morti centinaia di migranti in fuga verso l’Europa, in cerca di opportunità o in fuga da guerre, violenze soprusi di ogni sorta.
Quei palloncini-simbolo. La cerimonia della partenza di stamattina da Rosignano è stata salutata con un classico atto simbolico, quello del rilascio di centinaia di palloncini colorati, in memoria delle persone finite in fondo al mare, durante i tentativi di raggiungere le coste europee. La guerra in Libia ha prodotto quasi un milione di migranti africani, mediorientali ed asiatici, fuggiti in paesi vicini, come la Tunisia, l’Egitto, il Ciad, il Niger. Gli stati europei hanno invece mostrato il volto arcigno e repressivo del respingimento, incarnato da Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, che ha messo in atto operazioni per intercettare e ricacciare indietro i migranti nel Canale di Sicilia.
Il progetto Boats4people. Sarà seguito e gestito dall’avvocato Stephane Maugendre, dai ricercatori Charles Heller, Lorenzo Pezzani e Nicanor Haon e dall’addetta alla comunicazione, Alessandra Capodanno – ha già cominciato a monitorare con mappe satellitari, disponibili da società private che l’intenso traffico navale nel Mediterraneo, proprio per dimostrare come spesso i mancati interventi in mare, nei confronti di battelli di migranti alla deriva, non siano semplici « sviste », ma vere e proprie omissioni di soccorso, sia da parte di mercantili, che di unità militari in transito. Numerose prove testimoniano, infatti, che al largo delle coste libiche, la NATO e gli stati aderenti all’operazione Unified Protector (l’intervento militare in Libia dell’anno scorso) non hanno prestato soccorso ai migranti in difficoltà. Il conflitto in Libia è formalmente concluso, ma la guerra ai migranti continua e ogni nuovo naufrago si aggiunge ai 1.500 migranti morti nel Mediterraneo nel corso del 2011 (secondo l’UNHCR).
Quei 63 cadaveri sul gommone alla deriva. Padre Moses Zerai – direttore dell’agenzia eritrea Habeshia, in stretto contatto con i profughi in fuga dal Corno d’Africa e ancora prigionieri nelle carceri libiche – a Cecina ricorda la morte di 63 migranti nella primavera del 2011, tutti stipati in una barca che resta senza carburante tra la Libia e l’Italia e che, nonostante diverse navi si accorgano di loro e malgrado le richieste d’aiuto, il gommone con 73 persone a bordo venne lasciato alla deriva per cinque giorni, fino a tornare di nuovo a ridosso delle coste libiche. Furono trovati 63 cadaveri, molti erano bambini piccoli, mentre il destino dei superstiti fu diverso: alcuni finirono nelle carceri libiche, altri riuscirono a scappare di nuovo, nel frenetico e continuo via vai di barche e gommoni in partenza dalla Libia.
L’impunità di chi se ne infischia dei diritti. Dunque, Gheddafi e Ben Ali non ci sono più, ma le politiche migratorie sono rimaste le stesse e i governi transitori in Libia e in Tunisia hanno tutt’altro che interrotto le pratiche del passato. Risulta, infatti, che stiano imbastendo accordi sull’immigrazione con l’Europa, nella totale opacità, continuando a trattare da criminali gli immigrati, in quanto tali, e a rinchiuderli arbitrariamente in cella quando sono in transito sui loro territori. In altre parole, dunque, gli accordi internazionali che impongono l’obbligo di prestare soccorso in mare, che garantiscono l’asilo e la protezione internazionale continuano ad essere violati dai governi europei ed africani, ogni volta che si pratica un respingimento o si verifica un naufragio. Tutto nella totale impunità.